On The Web Side

Alberta Antonucci, l’avvocato degli influencer e degli NFT

Dopo una esperienza in uno studio fortemente maschilista ha deciso di aprire il suo studio e dedicarsi a una materia ancora inesplorata…

Giulia Cimpanelli intervista per Altalex l’avvocata Alberta Antonucci, fondatrice e managing partner dello studio On the Web Side.

Alberta Antonucci, l’avvocato degli influencer e degli NFT

Dopo una esperienza in uno studio fortemente maschilista ha deciso di aprire il suo studio e dedicarsi a una materia ancora inesplorata

Di Giulia Cimpanelli

Occuparsi di una materia ancora inesplorata, entrare in un settore ancora agli albori e crederci fermamente: è stata questa la strategia vincente per Alberta Antonucci, fondatrice dello studio legale On the web side.

“Siamo un team di avvocati che credono nell’importanza di fornire un servizio di assistenza professionale e personalizzata su tutte le tematiche collegate all’utilizzo del web – scrive nel suo sito -. La conoscenza e l’approfondimento del diritto digitale come fattore essenziale per fornire servizi competitivi agli utenti della rete è il nostro patrimonio professionale. On the web side nasce e si sviluppa per dare risposte concrete e competenti ad una realtà economica e sociale che si è diffusa a grandissima velocità sulla rete offrendo straordinarie opportunità ma aprendo, allo stesso tempo, importanti problematiche derivanti dalla novità delle tecniche di comunicazioni e dalle connesse implicazioni operative”.

Come ha avuto questa intuizione?

Quando ho iniziato a lavorare dopo la laurea ero in un grande studio dove i colleghi erano tutti uomini e molto maschilisti. Mi fecero grandi pressioni perché ero donna: in gravidanza ho lavorato fino al nono mese e un collega mi disse: non entrare in riunione perché fai impressione. Quando partorii mi disse: come sei dimagrita… quando chiesi il part time dopo la seconda gravidanza mi dissero: ok, vieni dalle 9 alle 19. Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Decisi di cambiare del tutto, ripartendo dalle ceneri. E aprii il mio studio.

Come andò?

Iniziai a seguire alcuni Youtuber agli esordi tra contatti e contratti di influencer marketing e capii che era una strada nuova: mi appassionava la sfida di percorrere un settore del diritto inesplorato e senza regolamentazione precisa. Milano è una città che dà occasioni a tutti, l’importante è gestire una nicchia.

Di cosa si occupa oggi?

Seguo moltissimi influencer ma anche casi di diffamazionecybercrime, hackeraggi.

In che genere di casi “difende” gli influencer?

Gli influencer hanno bisogno di un buon supporto legale perché le aziende a volte propongono accordi che non li tutelano per niente. La mia missione è mettere nero su bianco l’attività e pareggiare le responsabilità.

Come sta cambiando la sua professione con le nuove tecnologie più all’avanguardia?

Ora il mio studio si occupa anche di Web3. Per riuscire a essere più efficiente ho aperto una società con ingegneri informatici per assistere i clienti anche con profili che potessero intervenire anche dal punto di vista tecnico davanti ai reati cibernetici e nel mondo della blockchain: due ingegneri informatici, sviluppatori e tre informatici puri. Negli anni ho cercato sempre più di aprirmi al diritto digitale: dai siti di web2 mi sono spostata al web3 che è il mondo della blockchain e ho iniziato ad immergermi negli smart contract che sviluppo assieme ai miei ingegneri. Nel web3 noi come studio siamo in grado di creare una piattaforma completa per la gestione degli Nft. Oppure possiamo fornire piattaforme per commercializzare nft: io mi occupo della parte legale e loro traducono il tutto in algoritmi.

Mai come oggi, cerchiamo di digitalizzare i contratti cartacei che possono essere conclusi con un click.

Si occupa anche di cyberbullismo?

Sì, sono i casi più duri, incontro famiglie distrutte dalla violenza, apparentemente invisibile, che attraverso il web è stata riversata sul proprio figlio. Il cyberbullismo altro non è se non la nuova frontiera del bullismo che si configura a mezzo dei dispositivi di comunicazione tecnologica, come ad esempio messaggi WhatsApp, social network, SMS, posta elettronica.

Il cyberbullismo è però più pericoloso del bullismo perché tali comportamenti perdurano nel tempo ed espongono la vittima a queste violenze senza alcun tipo di interruzione, continuamente, giorno e notte, indipendentemente dal luogo in cui ci si trovi.

Gli strumenti elettronici attraversano tutte le barriere e le sicurezze domestiche perseguitando i soggetti senza sosta. 

Da qui è nata l’esigenza, non solo di assistere le vittime ma anche di parlarne nelle scuole e di sensibilizzare i giovani sia sugli effetti, ma soprattutto sulle importanti conseguenze penali e civili, totalmente sottovalutate, dai cyberbulli.

Che cosa sono per lei i social network?

Uno strumento di lavoro ed un’opportunità da conoscere e usare con cautela. Ho cominciato a usare Instagram per raccontare come la legge esista anche nel web, che, ricordiamolo, non è il far west dove tutto è concesso. Ho anche scritto un libro, la maleducazione digitale, per sensibilizzare soprattutto i minorenni sull’utilizzo corretto dei social network.

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