Like di un dipendente a danno del datore di lavoro. Cosa succede?
Ce lo spiega Alberta Antonucci, Founder di On The Web Side, nella sua rubrica Postami di Te sul Settimanale Grazia.
“Caro Avvocato, recentemente è stato avviato un procedimento disciplinare (con tanto di sospensione sia dal lavoro che dal salario) nei confronti di mio marito, dipendente di una Amministrazione pubblica, solo perché ha messo un banalissimo ed innocuo “mi piace” ad un commento di un suo conoscente che screditava – un po’ – l’Amministrazione sua datrice di lavoro. Le pare giusto che per un “like” siano stati così severi? Possiamo fare qualcosa?” Chiara
Cara Chiara,
la Costituzione garantisce la libera manifestazione del nostro pensiero, anche attraverso un “mi piace”, ma nei limiti in cui non si violino diritti altrui. La critica deve rimanere nei confini del lecito senza trasformarsi in diffamazione.
Precisato ciò, non dimentichi poi che il lavoratore risponde ad un obbligo di fedeltà nei confronti del proprio datore di lavoro. Ciò naturalmente vale anche per i pubblici impiegati che, ai sensi dell’art. 98 della Costituzione sono al servizio esclusivo della Nazione.
Tutti i comportamenti assunti dal lavoratore, anche lontano dai locali/orari lavoro, devono essere in linea con gli interessi aziendali. Il – per lei – semplice “pollice alzato” cliccato dal dipendente sotto un post di critiche diffamatorie verso il proprio datore di lavoro, concorre a cagionare un danno all’immagine aziendale, sebbene scritto da un soggetto diverso.
Una volta che sia stata attentamente valutata la gravità del post, i provvedimenti disciplinari, se proporzionati, assunti dal datore di lavoro potrebbero essere in questi casi legittimi.
Un abbraccio,
Alberta Antonucci